Isvara Pranidhana

Isvara-pranidhana – abbandono al sé

«L’atteggiamento del samadhi (compimento della perfezione) deriva dall’abbandono a Dio»

Yogasutra 2,45

Isvara-pranidhana la quinta di 5 virtù di NIYAMA: comportamenti e osservanze

Uno dei fondamenti della natura dell’essere umano sono le emozioni e l’ultima virtù dell’Asthanga Yoga coinvolge appunto la propria sfera emozionale, e quante le emozioni contrastanti all’idea di abbandonarsi (pranidhana).

L’abbandono a Dio è ricerca del Sé nel quale Egli dimora.

Gesù disse: “cercate Dio dentro di voi”.

La coscienza individuale che si identifica con i veicoli del corpo fisico e della mente, è il prodotto della non conoscenza.

Come il fuoco è velato dal fumo,
come uno specchio dalla polvere,
come un embrione è coperto dal sacco amniotico,
così è Questo coperto da quello.
(Bhagavad-gita verso 38 cap.3)

Yogananda in “Riflessi dell’anima”: «Io sono l’Immutabile, io sono l’Infinito, non un piccolo essere mortale fatto di ossa che si spezzano e di un corpo destinato a morire. Io sono l’Infinito immutabile e immortale».

Divenire consapevoli della propria ricchezza interiore significa sottrarsi al proprio ego, al di là del quale, nel profondo silenzio interiore è presente una scintilla della coscienza di Isvara, pronta ad accogliere la coscienza dell’individuo spogliato della personalità sottomessa all’errata identificazione di “io” “mio” riferito alla concezione corporea, e non più schiavo di schemi imposti da società superficiali.

L’umanità è vittima del subdolo inganno dell’illusione.

È l’illusione, prerogativa della personalità, che attraverso l’ego induce a identificarsi con il proprio corpo, la mente e i sensi ritenendo essere vero ciò che in realtà è maya (illusione).

Sono lo splendore di tutto ciò che splende. Io sono la vittoria, sono l’avventura, sono la forza del forte.” Krsna nella Bhagavad-gita.

Lo splendore, il forte e il vittorioso è Isvara (Signore, Dio, Energia suprema) comunque lo si voglia definire, è l’Entità che ha reso manifesto il cosmo.

E se Dio è la vittoria, l’avventura e la forza del forte, il lasciarsi andare a questa forza, significa lasciarsi guidare nella storia della propria vita senza il timore di restare delusi, ma al contrario pronti a vivere una grande avventura colmi di entusiasmo e certi di ottenere una grande e meritata vittoria.

Sapersi abbandonare per vincere, e quale miglior traguardo auspicabile quello di vincere la paura della morte,
ricercare e realizzare l’illuminazione?

Non è un caso che Tapas (l’ascesi spirituale) e Svadhiyaya (lo studio del Sé) precedano Isvara-pranidhana (l’abbandono a Dio).
La forza di volontà verso l’ascesi spirituale e lo studio di Sé (e dei testi spirituali per approfondire con la ricerca, lo studio e la pratica, gli insegnamenti di coloro che hanno scoperto i misteri e il senso dell’esistenza), preparano il terreno per cogliere l’energia divina alla quale abbandonarsi senza riserve e dalla quale trarre l’aiuto ispirato per amare senza condizioni se stessi e il prossimo.

«In Me solamente riponi l’animo tuo; in Me fa che il tuo intelletto dimori. Allora vivrai in Me e io in te. Non devi avere dubbi su questa unione fra Me e te per mezzo dell’amore» – Bhagavad Gītā, XII-8

 

 

Dio è la forza creativa mediante un processo di evoluzione in esistenze sempre più complesse, attraverso un continuo flusso d’amore che dalla sorgente volge verso gli estremi confini dell’Universo.
Dio è la meta; lo scopo dell’essere umano è procedere verso un’esistenza sempre più evoluta e convergere nell’energia che avvolge l’intero universo oltre i confini del cosmo, del tempo e dello spazio.

Così come l’origine della creazione dalla particella più elementare fino alla massima complessità di aggregazione degli atomi dell’Universo è opera di Dio, tale è la meta alla quale tende il processo di evoluzione… sempre Dio.

L’essere umano desidera e ricerca da sempre la serenità, la gioia e tutti gli uomini nessuno escluso fanno di tutto per ottenerla.
Non è un caso che la droga sia così diffusa ovunque in tutto il mondo. Perché droga e alcool portano alla dipendenza? Perché hanno così presa sull’essere umano?
Gli effetti di queste sostanze fanno cadere le resistenze inibitorie, agendo sul sistema nervoso centraleg modificano la produzione fisiologica di sostanze che influenzano l’umore, il comportamento, l’attenzione, la gratificazione, l’appagamento e quant’altro.

Privi di inibizioni ci si abbandona facilmente alla contemplazione e senza più resistenze (gli schemi mentali) e lasciandosi andare, ci si avvicina alla natura interiore che è gioia pura. Dunque non sono le droghe o l’alcool che procurano felicità, ma è mediante l’uso di queste sostanze, che il lasciarsi andare diventa semplice: “la cosa sbagliata per un motivo giusto”.
È l’abbandono che porta gioia, abbandonandosi all’ascolto e all’osservazione senza preconcetti, senza giudizio, senza azione…..

Il punto è l’abbandono, il lasciarsi andare…… perché da ciò dipende la serenità.

Nello stato di estasi indotto artificialmente (mediante l’uso di droghe o affini) o in maniera naturale (mediante l’Isvara Pranidhana: abbandono al sé, a Dio, al Karma), ci si dimentica del proprio corpo fisico e si tagliano i legami materiali sperimentando la felicità trascendentale.

Attivare la propria consapevolezza mediante l’espansione della coscienza attraverso l’uso della meditazione, procura effetti di gran lunga superiori rispetto a quelli derivanti dall’assunzione di sostanze intossicanti.
Le così dette siddhi (poteri, attingimenti, capacità di amplificare le percezioni al di là della materia) diventano vere e proprie doti naturali, spontanee e permanenti.

I poteri psichici di grado inferiore che si possono sviluppare mediante l’uso di droghe, provocano una volta passata la fase dell’euforia, ansia frustrazione e senso di impotenza.

 

Il controllo sulla propria mente e le sue dinamiche mediante un’indagine di introspezione, senza lasciarsi trasportare e intrappolare dai pensieri e dalle emozioni, equivale ad abbandonarsi al karma (la legge di causa ed effetti), che interviene per mantenere stabile e in armonia le dinamiche universali della natura.
Abbandonarsi accettando il proprio karma e prendere le distanze dai problemi senza muoversi nell’immediato, lasciando decantare le situazioni prima di agire d’istinto, per non farsi travolgere dalle proprie emozioni, è liberatorio.

Quale miglior allenamento per esercitare l’abbandono mediante la pratica dello yoga durante l’esecuzione delle posizioni?
L’asana (la posizione) va mantenuta stabile, senza tensione, mediante il respiro consapevole.
È l’abbandono che permette che ci si lasci andare all’ascolto del proprio corpo e del respiro, senza opporre resistenza alle tensioni fino a quando la posizione risulti finalmente confortevole.

L’abbandono dunque è sempre la costante, lasciare andare, lasciar correre, accettare e mantenere il controllo sulle proprie emozioni.

Non ci si deve considerare vinti o sconfitti dal proprio destino, ma vincitori nell’abbandono ad un progetto ambizioso e tanto grande come quello della nostra evoluzione come esseri umani perfetti.
Non solo corpo (carne, ossa, sangue), non solo mente (pensieri), non solo emozioni (ansie, turbamenti, gioie, dolori), ma la scoperta dello spirito divino (beatitudine, comprensione e conoscenza) che è in noi.

 

L’abbandono totale al proprio sé, l’abbandono all’ascolto interiore per scoprire la propria essenza al di là del corpo e della mente.

L’abbandono è un’esperienza, non è un’intenzione intellettuale cui fa seguito una imposizione mentale che condiziona le proprie azioni senza un sentire profondo e inedito.

La bellezza e la magia dell’abbandono affiorano durante la meditazione, quando trascesa completamente la mente si sperimenta il contatto con la propria natura essenziale. Il senso di beatitudine che accompagna l’esperienza del contatto con il proprio sé fa si che ci si lasci ulteriormente andare.
Il velo dell’illusione che il corpo, la materia costituiscano l’unica realtà si dissolve e cade rivelando la propria coscienza individuale (purusa).

 

La coscienza di Isvara (l’energia suprema) opera nel mondo manifesto come sostrato delle coscienze individuali, l’abbandono (pranidhana) conduce dunque la propria essenza rivelata al contatto con la suprema energia del Divino.

Beatitudine, gioia e senso della vita conseguono spontaneamente quale frutto dell’esperienza di abbandono consapevole alla volontà divina.

A onor del vero l’individuo che avesse per sua stessa natura risolto il senso dell’”io” illusione di un ego protagonista, non toccato da vizi (violenza, menzogna, invidia, avidità, bramosia e quant’altro) e conduca una vita virtuosa ove si lasci guidare solo dall’amore incondizionato, anch’egli ha il privilegio di sperimentare beatitudine, pace e gioia nellIsvara Pranidhana.

Per realizzare la meditazione e comprendere il significato di Isvara Pranidhana è necessario rimuovere gli ostacoli che ne impediscano la realizzazione.

La propria personalità dovrà destrutturarsi mediante un processo di intenti e perseveranza per raggiungere lo scopo, nel quale il passaggio da livelli di coscienza inferiori a livelli superiori avviene rispettando le leggi della vita e sviluppando virtù (Yama e Nyama).

Con Isvara Pranidhana sia fatta la volontà del Regista più straordinario del film più autentico, audace, affascinante, magico, unico che racconta la storia e il mistero della vita in cui l’umanità, in questo nostro pianeta, ha la responsabilità del ruolo di protagonista.

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