Conosci te stesso!
Esiste la possibilità di conoscere la vera identità dell’essere umano? Utopia?
Conosci te stesso! L’essenza della vita è nell’anima, le cui dimensioni sono all’incirca la decimillesima parte della punta di un capello. La materia avviluppa l’energia vitale (l’anima) che espandendosi permette alla materia che l’avvolge di prendere forma, la quale sarebbe del tutto inerme senza la forza vitale racchiusa al suo interno.
Krishna ad Arjuna, “Io sono il Sé che risiede nell’intimo di tutti gli esseri. Io sono il principio, il mezzo, la fine di tutti gli esistenti.” (Bhagavadgītā 10.20)
La nostra essenza è quel “Sé” all’interno dei nostri corpi di materia.
“Io sono un’anima, non sono il corpo”
Se vogliamo conoscere la nostra vera natura, dobbiamo esplorarne la fonte, l’essenza, il “Sé”.
Come?
Indagare personalmente uno dei più grandi misteri: la nostra mente.
“L’uomo che ha conquistato la mente e ha trovato così la pace, ha già raggiunto l’anima suprema. Per lui gioia e dolore, caldo e freddo, onore e disonore si equivalgono.” (Bhagavadgītā 6.7)
Che cos’è la mente?
È lo strumento (ma forse sarebbe meglio dire è il “senso”) che ci permette di comunicare e metterci in relazione con il nostro cervello, il nostro corpo, con la parte più intima e profonda di ciascuno di noi, con gli altri esseri viventi e con l’ambiente circostante.
Ciò che possiamo fare per cominciare, è osservare molto da vicino la nostra mente; quel suo continuo chiacchiericcio che riempie di parole, parole, parole, parole………ogni secondo, minuto, ora, giorno, mese, anno e tutti gli anni della nostra vita terrena.
Per osservare il “processo mentale” bisogna prenderne le distanze; testimoniare i pensieri che occupano la nostra mente di momento in momento, mantenendo uno spazio tra noi e la mente, tra colui che osserva e i pensieri emergenti.
Sforziamoci di comprendere come funziona la mente in relazione al sapere accumulato, prestiamo sempre la massima attenzione alle situazioni che palesano quando ci relazioniamo con il prossimo.
Si tratta di porre quell’attenzione necessaria alla comprensione del giusto pensiero, il quale diviene pura consapevolezza nella sfera interiore di ciascun essere umano.
“Per colui che l’ha dominata, la mente è la migliore amica, ma per colui che ha fallito nell’intento, la mente rimarrà la peggiore nemica” (Bhagavadgītā 6.6)
E ancor prima della mente lo Yoga insegna a controllare gli altri sensi di cui è composto il nostro corpo. Con i sensi – mente compresa – sotto controllo, l’intelligenza (al di sopra della mente) ci avvicina all’anima che si rivela quale essenza di verità assoluta.
Osserviamo da vicino le nostre emozioni. Esse sono la reazione emergente alle situazioni che ci vedono coinvolti momento per momento: la gelosia, la rabbia, l’invidia, l’amore, la compassione, l’odio, la prevaricazione, i pregiudizi e quant’altro. Contrastiamo il nostro istinto impulsivo alla reazione immediata.
Invece di reagire alle situazioni, agiamo con cognizione di causa.
La reazione porta sempre con sé errori di valutazione acquisiti sulla scorta di una condotta imposta da un sistema precostituito (la società, la famiglia, la religione).
Azione dunque e non reazione!
Colui che agisce ha discernimento colui che reagisce ne è privo.
(…) è molto difficile dominare la mente irrequieta; tuttavia, è possibile con la pratica adatta e col distacco. (Bhagavadgītā 6.35)
Nel percorso di crescita, mediante l’osservazione distaccata e il discernimento, comprenderemo di quale personalità siamo fatti e dunque intervenire per trasformare la nostra mente liberandola dai condizionamenti. Attraverso questa via sarà possibile intravedere la scintilla divina dentro di noi e ovunque dal micro al macro-cosmo.
“Come una fiamma al riparo dal vento non oscilla, così lo yogi che controlla la mente è fermo nella sua meditazione sull’Essere trascendentale”. (Bhagavadgītā 6.19)
I CONDIZIONAMENTI
Il nostro modo di pensare, agire, relazionarci con gli altri è plasmato dai condizionamenti che ci accompagnano per tutti gli anni della nostra esistenza sin dai primi giorni di vita.
Un uomo in occidente sviluppa una personalità diversa da colui che vive in oriente in funzione della cultura del contesto nel quale nasce e cresce.
Apro una parentesi: mai come oggi assistiamo quotidianamente al confronto ravvicinato di culture molto diverse fra loro a causa delle migrazioni ovunque nel mondo. Se da una parte la globalizzazione ha portato dei benefici, dall’altra ha creato senza dubbio i presupposti per una crisi mondiale senza precedenti.
Solo una convivenza pacifica e intelligente nel rispetto delle diversità permetterà l’integrazione, ovvero odio e razzismo prolifereranno se si vorrà prevaricare a tutti i costi in difesa della propria bandiera, ostentando un patriottismo a oltranza senza senso in un sistema di globalizzazione già di fatto realizzato).
Resta il fatto che la società è lo specchio della personalità dell’uomo medio – in un determinato contesto – e la risonanza della stessa sostiene il modus operandi degli individui che la compongono attraverso le sovrastrutture che produce e che accettiamo.
Siamo fortemente condizionati nel nostro modo di pensare ed agire – dal tessuto sociale – tanto da indurre il nostro ego all’illusione di essere noi a decidere della nostra vita, mentre si concretizza uno stato di schiavitù senza neppure rendercene conto.
Che senso ha dunque la vita se tutto è già stato programmato dalle sovrastrutture dei condizionamenti e noi non dobbiamo far altro che recitare una parte che ci è stata assegnata?
Il grande mistero dell’esistenza si riduce a constatare quale maschera dobbiamo indossare?
L’individualità dell’essere umano è ben altra cosa.
Essa è l’essenza della realtà assoluta presente nell’uomo a prescindere dalla razza.
La consapevolezza della propria essenza che ci conduce al “Sé”, è l’intelligenza per comprendere la vita.
Se ci muoviamo nei pensieri, nell’agire, nelle relazioni secondo uno schema imposto dai condizionamenti del sistema al quale sottostiamo, di fatto non siamo creativi, di fatto nulla è fresco e nuovo, ma tutto è fermo e ristagna nei nostri cervelli preconfezionati.
L’illusione di essere noi gli artefici dei nostri concetti, sostiene vitali “senza vita” nella nostra meschina esistenza.
L’anima immortale presente nella materia non ha bisogno di essere “se stessa” per manifestarsi, essa “è” punto. Immortale, eterna, non è mai nata e non ha fine quando il corpo muore.
Prima di dire a qualcuno “sii te stesso” digli: osserva la mente, scopri quali sono i condizionamenti che nutrono la tua mentalità materialista e liberatene.
Intraprendi il “viaggio di introspezione” esplorando il mondo interiore per comprendere la natura della Realtà assoluta.
Chi vede e comprende la propria essenza ha la possibilità di conoscere la vera identità dell’essere umano, la verità, lo scopo e il senso della vita, la vita stessa nella sua magnificenza, ma soprattutto vede la soglia al di là della quale si rivela il motivo della propria esistenza.
“Sii te stesso” è una frase che ricorre spesso ma di nessuna utilità, perché priva di quella motivazione necessaria che stimoli l’intenzione all’azione.
Ma come si fa a pensare che paure, ansie, disagi, problemi e altro ancora si possano risolvere semplicemente ricordandosi di essere “se stessi”?
A rigor di logica potremmo creare l’alibi a colui che delinque, il quale ottiene una sorta di consenso a perpetrare azioni illecite; consenso concesso da chi usa a sproposito affermazioni di non-senso come: “sii te stesso”.
Il rischio è quello di divenire inconsciamente indulgenti, autorizzandoci a compiere qualunque tipo di idiozia che ci passa per la testa… devo essere me stesso!
Colui che è depresso continuerà ad esserlo; colui la cui predisposizione è un agire con collera, userà sempre la rabbia per imporsi; chi elude le responsabilità con il pretesto di non possedere i requisiti necessari per assumersele, utilizzerà a oltranza il vittimismo come mezzo di fuga lasciando le situazioni immutate invece di realizzare dei cambiamenti, ecc.ecc.
L’espressione “sii te stesso” riguarda e coinvolge la “personalità”, che è temprata dai condizionamenti concepiti dal sistema sociale; ovvero la maschera che indossiamo per interpretare il ruolo impostoci in questa esistenza; non concerne l’essenza che pulsa negli esseri viventi che è luce e beatitudine, l’individualità nella sua verità unica senza dualità.
Quanto priva di sostanza è l’espressione: “essere se stessi”!
Invece di rivolgersi al prossimo con un “sii te stesso”, diciamo: conosci te stesso! Un monito prezioso, perché solo chi conosce a fondo se stesso è in grado di capire gli altri!
Se oggi tutto ciò può sembrare utopia, nulla impedisce di allargare i propri orizzonti nella ricerca interiore e porre le basi per un futuro in cui l’umanità conoscerà l’uomo “nuovo” evoluto e pronto a trascendersi.
“Conosci te stesso. Ama te stesso.
Assumi la consapevolezza che la causa ultima e l’unico ostacolo alla tua felicità sei soltanto tu.
Indipendentemente da ciò che accade intorno a te, la tua felicità dipende esclusivamente dal tuo atteggiamento nei confronti della realtà che ti circonda. Non c’è nessun nemico da sconfiggere, nessuna battaglia da compiere. C’è soltanto la tua vita da celebrare.” – Buddha
Ordine cosmico
Impariamo ad osservarci, con l’intento di agire nel rispetto della natura e di tutti gli esseri viventi.
Siamo vincolati ad una sola legge da onorare senza esitare: l’ordine cosmico che sostiene i mondi.
È l’unico “ordine” al quale dobbiamo attenerci. Opporsi equivale ad accettare il caos come risultanza, è ciò che sta accadendo sotto i nostri occhi: ovunque guerre, fame e degrado; ma anche opulenza per una minoranza.
Lo Yoga è uno strumento importante per trasformare le nostre menti infarcite di materialismo.
Muoversi vivendo circoscritti da leggi imposte dall’uomo per interessi che allontanano dalla conoscenza vera, ci rende statici, sterili e vuoti inibendoci la possibilità di una trasformazione verso un livello superiore di evoluzione di coscienza.
“Lo yogi è più elevato dell’asceta, più elevato rispetto a quelli che conseguono la conoscenza e più elevato dell’uomo che aspira ai frutti dell’azione e che compie riti. Per questo diventa uno yogi.” (Bhagavadgītā 6.46)
Dharma
«Infatti l’essere umano che adempie al Dharma così come esposto dal canone rivelato e dalla tradizione ottiene fama in questo mondo e incomparabile felicità dopo la morte » – (Manusmṛti (Le leggi di Manu) II,9)
L’unica cultura da trasmettere fin dall’infanzia è la cultura della conoscenza nella consapevolezza dell’importanza delle leggi naturali e universali (il Dharma: “fondamento della realtà”, “verità”, “obbligo morale”), senza le quali è impossibile educare l’umanità del futuro che sia in grado di concepire una società matura ed evoluta che supporti tutto e tutti in un’esistenza felice e serena.
Una società siffatta avrà debellato per sempre la violenza e l’ignoranza.
Sin dalla scuola elementare si dovrebbe insegnare la filosofia. Le menti dei bambini sono brillanti e ricettive abbastanza per far comprendere loro la realtà così com’è, nuda, libera da schemi.
Trasmettere da subito l’esperienza nel rispetto della natura e di tutto ciò che è contenuto in questo mondo, in nome di una progressiva evoluzione personale, mettendo a fuoco la priorità del giusto pensiero per una vita serena, consapevole e prospera insieme ai propri simili all’interno di una società perfetta perché costituita dalla somma di persone libere ed evolute.
Utopia?
Desidero concludere con le parole di Marco Aurelio (121-180 d.C.), imperatore romano e filosofo, considerato un sovrano illuminato capace di grande umanità e dotato di eccellenti qualità che gli permisero di esercitare il suo potere con saggezza ed equilibrio.
“(…) dato che puoi, in qualsiasi momento tu voglia, ritirarti in te stesso. Perché in nessun luogo più tranquillo e calmo della propria anima ci si può ritirare; soprattutto se si hanno dentro di sé principi tali che, al loro contemplarli, si acquista una perfetta serenità. E per serenità non intendo altro che ordine interiore. Concediti quindi costantemente questo ritiro e in esso rinnovati perché, sola, salva la vita la filosofia”.